Le nuove celle fotovoltaiche organiche italiane nascono dagli scarti di uno dei più importanti settori del Made in Italy: quello del vino. Nello specifico si tratta delle nuove dye-sensitized solar cell con coloranti estratti direttamente dagli scarti dell’uva. Una preziosa innovazione, lanciata non a caso lo scorso anno, durante la prestigiosa manifestazione Vinitaly. «Cheers», questo il nome del progetto, vede la collaborazione tra Università Cà Foscari di Venezia, Università degli Studi di Udine, Università di Malaga, Fondazione Università Cà Foscari Venezia e l’azienda Serena Wines 1881, sita in provincia di Treviso.
Ora la società ha acquisito la piena titolarità del brevetto e, grazie all’accordo sottoscritto nei giorni scorsi con l’ateneo veneziano, l’invenzione potrà passare alla fase di prototipazione e ad una eventuale produzione e distribuzione commerciale.
Il lavoro svolto dal gruppo si è concentrato sulla realizzazione di una dye-sensitized solar cell o Cella di Gratzel, ossia una cella solare in cui il materiale attivo è costituito da un colorante organico. Non è ovviamente la prima volta che la ricerca sui pannelli solari si affida a pigmenti naturali estratti da ortaggi, fiori, frutti e persino foglie. Tuttavia, il metodo brevettato da Cà Foscari e Serena Wines 1881 è il primo che estrae il colorante da usare direttamente dalla «feccia», lo scarto di produzione e chiarificazione del vino. Il pigmento così ottenuto costituisce il cuore della cella fotovoltaica: cattura i raggi solari trasferendo elettroni ad uno strato costituito da nano-particelle di biossido di titanio poroso. Una soluzione elettrolitica trasporta invece la lacuna elettronica in direzione del contro-elettrodo.
Bisogna essere sinceri: l’efficienza di questi dispositivi è notevolmente più bassa del fotovoltaico tradizionale in silicio, ma offre comunque dei vantaggi, partendo dai costi bassi. Ma non solo. Questo tipo di cella offre un importante alternativa sia sotto il profilo delle metodologie costruttive eco-friendly, consentendo un riciclo a basso impatto ambientale, sia per l’efficienza energetica in caso di clima nuvoloso o illuminazione artificiale. Parola di Elena Moretti, professoressa di chimica dei nanomateriali presso Cà Foscari e inventrice del brevetto.