La produzione di elettricità e l’accesso a risorse d’acqua potabile sono due dei maggiori problemi dei Paesi in via di sviluppo: se da una parte, la generazione elettrica è legata all’acqua, in Europa, il 50% dei consumi idrici è riconducibile agli impianti energetici, dall’altra la produzione di risorse potabili in contesti particolarmente aridi richiede grandi quantità di energia (come per gli impianti di dissalazione). Per ovviare con una sola soluzione a entrambi i problemi, un team di ricercatori della King Abdullah University of Science and Technology dell’Arabia Saudita ha sviluppato un modulo fotovoltaico capace di produrre elettricità e allo stesso tempo di purificare acqua salata o contaminata.
Il dispositivo è composto da un tradizionale modulo fotovoltaico con celle in silicio al di sotto del quale è stata installata un’unità di distillazione composta da 3 strati di membrane in cui può scorrere acqua salata, salmastra o contaminata. Parte del calore prodotto dalle celle fotovoltaiche viene recuperato dall’unità di distillazione: il sistema permette di scaldare a temperature relativamente basse l’acqua che, passando attraverso la prima membrana, rilascia sali e agenti contaminanti per poi condensarsi purificata dall’altro lato del filtro. L’acqua riscaldata innesca lo stesso procedimento anche nello strato di membrana sottostante, in un processo a cascata che ottimizza il calore prodotto dal modulo fotovoltaico.
Il procedimento è risultato utile anche a purificare acque fortemente contaminate da metalli pesanti: nei campioni testati, i livelli di piombo, rame, sodio, calcio e magnesio presenti nelle acque trattate è sempre risultato molto al di sotto dei limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’innovazione è stata presentata in una pubblicazione sulla rivista scientifica «Nature Communications». Secondo i ricercatori, la resa del modulo fotovoltaico dovrebbe essere superiore all’11% e non verrebbe limitata dall’aggiunta dell’unità di purificazione.
Il congegno risolverebbe anche problemi logistici dal momento che sia gli impianti di dissalazione che quelli fotovoltaici industriali richiedono grandi spazi. I ricercatori sauditi hanno immaginato che l’impiego su larga scala del dispositivo potrebbe produrre il 10% dell’acqua potabile consumata nel 2017.